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La bellezza è un potentissimo antidoto contro la banalità.

Carlo Dal Bianco / Architetto - Designer

La bellezza è oggettiva
agli occhi
di chi sa coglierla.

Indagare il concetto di bellezza nello studio dell’architetto Carlo Dal Bianco è come immergersi in un libro. Quello di un romanzo in cui si incontrano tante storie parallele, tutte ugualmente affascinanti. Architetto, designer, collezionista, Dal Bianco nelle sue passioni coltiva una curiosità onnivora e vorace. La stessa che lo rende un profondo conoscitore del primo Ottocento ma sempre con gli occhi aperti sul futuro, coltivando contemporaneamente la passione per i libri, le mostre, i musei, i film e le serie tv. Come la texture di un mosaico – la tecnica che lo ha portato in ogni angolo del mondo grazie alla longeva collaborazione con l'azienda Bisazza Spa - la sua curiosità è formata da tantissimi mattoncini colorati che si nutrono di immagini, fotografia, riviste, quadri, colori e contrasti. Una totale libertà di ispirazione, guidata da un'unica regola: quella della ricerca continua. Senza sosta.
Carlo Dal Bianco ha quel raro dono di sapersi meravigliare.
E per noi, è stato un incanto ascoltarlo.

/ Carlo Dal Bianco


Testi e intervista: Claudia Zigliotto

Art direction, foto e video: Lorenzo Rui

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Carlo Dal Bianco, ti presenti?

Carlo Dal Bianco – Sono un architetto, mi occupo di progettazione, ma anche di restauro architettonico. In ogni caso il core business del mio studio è l’interior design, dove seguo i clienti in modo sartoriale: dalla distribuzione degli spazi interni, alla scelta di colori, finiture e dettagli, fino al disegno di arredi su misura. Il design di prodotto invece capita in modo occasionale.

Come sei arrivato qui?

Carlo Dal Bianco – Ricordo che già da piccolo frequentavo le chiese alimentando la passione per la decorazione, gli affreschi e i quadri; li osservavo e pensavo che quello sarebbe diventato il mio percorso. Fin dalle scuole medie volevo fare l’Accademia di Belle Arti, e ancora oggi sogno di iscrivermi, poi una docente del liceo mi ha passato la passione per l’architettura. Mi sono laureato in Architettura a Venezia, allo Iuav, una scuola a cui sono molto legato. Ho fondato il mio studio per avere la libertà di fare a modo mio. L’architettura è per me un’arte totalizzante, il mio linguaggio potrei definirlo “artistico” e soffro tutta la parte burocratica e l’interpretazione degli uffici tecnici. Vorrei un’architettura più espressiva e più libera, recuperando il concetto rinascimentale dell’Architettura come arte prima, regina e summa di tutta le arti e rappresentata dalla figura dell’architetto.

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“Spesso per ricaricarmi ho bisogno di guardare cose belle: sfogliare un bel libro, vedere una mostra, per trovare nuovi stimoli e risposte.”

Qual è la tua personale idea di bellezza?

Carlo Dal Bianco – Una bella domanda che implica una risposta clamorosa. Per questo dirò che per me la bellezza è oggettiva. Di fronte ad una scultura greca o ad un dipinto di Hayez, a una scultura di Canova o di Michelangelo, come possiamo parlare di bruttezza? La bellezza è tangibile. Il commento di chi non ne riconosce la bellezza è perché ignora la conoscenza e l’apporto culturale di quell’oggetto. 

Nel caso di un’opera moderna, come per esempio gli Ex Seccatoi del Tabacco di Alberto Burri, ad alcuni potrebbe sembrare un luogo senza valore, ma è la conoscenza del pensiero dell’artista che fa la differenza e, quando scopri le idee di Burri, non puoi non amarlo. Quindi la bellezza è soggettiva in base al nostro bagaglio di conoscenza, ma è oggettiva se si hanno gli strumenti per saperla leggere.

Che ruolo ha la bellezza nei tuoi lavori di architettura e design?

Carlo Dal Bianco – La bellezza è un argomento centrale del mio lavoro, uno strumento che io uso spesso in modo “barocco” per meravigliare l’osservatore. Come nel caso della fontana di Trevi: ritrovarsi di fronte questa grande macchina teatrale, arrivando dai vicoli stretti di Roma sentendo solo il suono della cascata, provoca una grande meraviglia. Questo è l’intento e l’essenza dell’arte barocca. Nelle mie scelte vorrei sempre creare questo stupore attraverso la scelta del colore e degli elementi decorativi, creando tensione e drammaticità.

Il passato influenza molto la tua creatività?

Carlo Dal Bianco – Il primo Ottocento è comunque il mio periodo di riferimento, mi emoziona molto, perché passati gli eccessi straordinari del Barocco, c’è stato un ritorno all’ordine e la nascita di una serie di artisti illuminati che hanno saputo fare un uso sapiente del colore e lavorare su una proporzione di forme molto interessante. Se devo pensare ai miei riferimenti, non voglio però essere sempre rivolto al passato, mi piace evidentemente guardare anche al futuro. Il problema è che spesso, guardando al contemporaneo, non ricevo gli stessi forti stimoli e lo stesso nutrimento. Il contemporaneo spesso si basa su idee molto concettuali, mentre io ho bisogno di essere rapito dall’immediatezza, ho bisogno di bellezza fruibile.

Design o architettura? Quale mondo ti affascina di più?

Carlo Dal Bianco – Il mondo del design mi appassiona, ma l’architettura rimane il mio primo grande amore. Il design è purtroppo sempre più legato alla sovrapproduzione di oggetti: pensiamo ad eventi come il Salone del Mobile che produce ogni anno una quantità di prototipi e nuovi prodotti che spesso finiscono nel dimenticatoio o nel migliore dei casi sui cataloghi. Prodotti che generano un dispendio di energie e consumi, come in un vortice a cui dobbiamo arrenderci. Dobbiamo necessariamente trovare un nuovo equilibrio, senza fermarci, ma ponendoci grandi domande sul senso di tutto ciò. Al di là di tutto, tra designer e architetto mi sento più architetto. Trovo più appassionante l’idea del volume dell’edificio, della scelta del colore e della luce.

Come ti definisci nel tuo ruolo di designer?

Carlo Dal Bianco – Se devo immaginare gli oggetti che disegno come designer, forse potrei dire che non sono proprio un designer perché gli oggetti che progetto sono più legati al mondo dell’artigianato, con tempi lunghi come un oggetto di produzione artigianale.

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La bellezza è uno strumento che uso spesso, in senso Barocco, per meravigliare chi ho davanti.La bellezza è uno strumento che uso spesso, in senso Barocco, per meravigliare chi ho davanti.La bellezza è uno strumento che uso spesso, in senso Barocco, per meravigliare chi ho davanti.

Un tassello fondamentale della tua vita professionale, e non solo, è stato l’incontro con Bisazza.

Carlo Dal Bianco – Tutto è nato casualmente. Nel 2001 avevo da poco progettato una casa per una persona interna a Bisazza e, nello stesso periodo, Piero Bisazza, da poco in azienda, aveva bisogno di un architetto per sistemare la sala conferenze della sede aziendale. Ha chiesto consiglio in azienda ed è stato fatto il mio nome. Da allora l’esperienza con Bisazza è solida e dura da 22 anni grazie ad una perfetta sintonia tra committenza e progettista. Piero Bisazza lascia assoluta libertà seppur tutto è condiviso “a quattro mani”, ha una profonda cultura e gli stimoli che mi ha trasmesso mi hanno aperto al mondo. Un’esperienza irripetibile che mi ha molto arricchito.

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Dalla sede aziendale e gli uffici sei arrivato alla progettazione della Fondazione Bisazza.

Carlo Dal Bianco – La Fondazione non è altro che la raccolta di tanti oggetti di artisti e designer che si sono misurati con il mosaico. Oggetti che hanno permesso a Bisazza di essere al Salone del Mobile e a tutti i più importanti eventi fieristici del mondo. Al di là degli oggetti esposti di cui ho curato gli allestimenti, ho progettato ogni parte degli spazi espositivi, studiandone i percorsi, l’illuminazione, il continuo rapporto tra le sale e i giardini esterni. Ho avuto al tempo stesso carta bianca, ma poi indubbiamente io e Piero Bisazza discutiamo tutto nel minimo dettaglio. Un’esperienza di rapporto intellettuale unico, quasi rinascimentale, com’era tra cliente e committente.

Il colore: le tue scelte cromatiche.

Carlo Dal Bianco – Amo il colore tanto che una casa senza colore mi sembra incompiuta. Non ho mai capito se questo derivi dalla mia passione per la pittura o dalla mia curiosità di indagare le varie epoche storiche, dove si usava liberamente il verde muschio, il rosso geranio o il giallo limone a contrasto con il nero. Ai colori pastello, preferisco i colori pieni come un marrone testa di moro, un arancio, un nero. Indubbiamente mi piace anche il bianco, ma deve emergere che è una scelta progettuale dove pareti, arredi, finiture, magari anche il pavimento sono di colore bianco.

Quale materiale invece ti rappresenta maggiormente?

Carlo Dal Bianco – Dipende dal contesto: può essere un materiale opaco o un legno grezzo, ma anche lucido. Dipende dal cliente: lo ascolto, lo provoco, ma non c’è una regola. A volte si può usare lo specchio, in modo classico, in altri casi in modo pop, come lo specchio contro specchio che mi ricorda tanto Raffaella Carrà... O un mosaico alle pareti smorzato da una moquette a pelo lungo a terra. Cerco solo di trovare abbinamenti insoliti, che non cadano sulla tradizione, giocando con i contrasti.  Il materiale che mi rappresenta di più resta comunque il mosaico, è quello a cui spesso vengo associato.

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Design, stile, usabilità e bellezza: come convivono nei tuoi progetti?

Carlo Dal Bianco – Io cerco di tener presente sia funzionalità che bellezza. Non mi piace un oggetto non funzionale e magari anche difficoltoso nel suo utilizzo. E qui nasce la sfida: un oggetto funzionale, ma bello. Troppo spesso si collega la funzionalità al minimalismo, ma non è così. È una mia sfida quella di cercare sempre un oggetto decorativo, per non scivolare nel semplicismo della forma, senza mai perderne la funzionalità.

Qual è la luce che preferisci?

Carlo Dal Bianco – In qualche modo sono un “crepuscolare”, nel senso che amo nei miei interni la luce del pomeriggio verso il tramonto con le sue ombre lunghe. Mi rilassa la luce morbida e calda delle abat-jour e un’illuminazione discreta e dedicata sopra un tavolo. Ma poi mi entusiasma al tempo stesso la luce del sole che entra dalle grandi vetrate. Tutto dipende dal progetto, dallo spirito di un interno, dal committente,

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Cosa cerchi nelle collaborazioni e nei fornitori esterni.

Carlo Dal Bianco – La collaborazione con laboratori artigiani è fondamentale. Bisogna trovare laboratori e artigiani che sappiano capire i progetti e lavorare bene la materia. È fondamentale avere un artigiano con cui avere un’intesa intellettuale, non solo tecnica. Come due violinisti che devono suonare insieme.

Chiudiamo con il collezionismo, una tua grande passione.

Carlo Dal Bianco – Un interesse che è nato da piccolo. Noi siamo in quattro fratelli in famiglia, e mentre gli altri condividevano la stanza, io ero da solo e avevo tanto spazio. Per farmi compagnia quindi ho cominciato a collezionare un po’ di tutto: sassi da dipingere con forme di animali o scarpe, i rotolini interni della carta igienica per costruirmi i trenini oppure oggetti antichi come canfini e brocche di ceramica. Poi ad un certo punto mi sono liberato di tutto e crescendo ho capito che quello che veramente mi interessava era la pittura. Il collezionismo è il sentimento che più mi appartiene, se vogliamo il sottile piacere di possedere un oggetto. Emozionarsi e appassionarsi per le cose che hai il privilegio di avere. Io non riesco a vendere, mi appassiono, diventano parte della mia casa e non riesco a liberarmene. Tutta questa passione mi è arrivata da un libretto che mi ha regalato un caro amico della Fondazione Bevilacqua La Masa, un cataloghino su Arturo Martini e la scultura del Novecento, un grande stimolo che mi ha aperto alla cultura del Novecento e ha alimentato la mia curiosità. E ancora oggi il collezionismo mi apre a tante scoperte e mi fa conoscere il valore di un oggetto. Perché alla fine è la curiosità che muove tutto.

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